Zarcone: il primo disegnatore

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Angelo Zarcone, soprannominato "Il tedesco" (...), è il misterioso disegnatore del primo albo di DiabolikIl re del terrore.

Di questo disegnatore si sa solamente che era italiano, di carnagione chiara, negli anni '60 aveva una trentina d'anni ed era soprannominato "Il tedesco". Veniva nella redazione della Astoria diGino Sansoni con il figlio, un bambino biondo avuto da una relazione con una donna tedesca. Viveva in una pensione, sotto la quale Gino Sansoni e Pier Carpi erano costretti da appostarsi per costringerlo a terminare le tavole di Alboromanzo-Vamp che consegnava sempre in ritardo.[1] Di questa pubblicazione disegnò i numeri 4 e 7.[2]

Zarcone stava lavorando anche ad un nuovo fumetto su sceneggiatura di Angela GiussaniDiabolik, e Sansoni non ne era al corrente.[1] All'epoca gli autori delle singole storie preferivano rimanere anonimi per poter sfuggire al fisco e venivano resi noti solo i creatori dell'intera serie.[3] Consegnate le tavole alla casa editrice Astorina Zarcone sparì senza lasciare recapiti: le sorelle Giussani cercarono di rintracciarlo, ma al suo vecchio indirizzo non risultava nessuno con quel cognome.[4] L'albo uscì nelle edicole nel novembre 1962 con una copertina disegnata da Brenno Fiumali.[1]

Il secondo numero fu disegnato da un'amica modista di Angela Giussani, Calissa Giacobini (in arte "Kalissa"), mentre gli albi seguenti da Luigi Marchesi. Nell'agosto del 1964 vennero ristampati i primi 17 numeri e per l'occasione le sorelle Giussani fecero ridisegnare il primo numero da Marchesi[1] (il secondo albo fu rifatto da Aulo Lino Brazzoduro, in arte Aulo Brazzi[5]).

Nel 1982, in occasione del ventennale della testata, le sorelle Giussani assoldarono il famoso investigatore Tom Ponzi per ritrovare Zarcone, ma neanche lui ebbe successo.[6]

Il nome di Zarcone venne fatto per la prima volta nel 1992, nel volume Diabolik della collana I quaderni del fumetto italiano.[1]

Nel 2005 Brenno Fiumali, che conobbe di persona Zarcone, ne disegnò due ritratti in seguito alla richiesta di Gianni Bono, il quale li rese pubblici nel 2011.[1][7]

Ancora oggi le cause della sua scomparsa non sono del tutto chiarite.